Alessia Pifferi in aula: «Non ho ammazzato mia figlia, il mio ergastolo è aver perso Diana»

La difesa ha tentato di integrare la perizia psichiatrica esistente con nuovi documenti che avrebbero dimostrato gravi turbe psichiche fin dall'infanzia

Alessia Pifferi in aula: «Non ho ammazzato mia figlia, il mio ergastolo è aver perso Diana»

di Redazione web

Durante l'udienza di venerdì 12 aprile presso il tribunale di Milano, Alessia Pifferi, la 38enne accusata di omicidio volontario aggravato per la morte della figlia Diana, ha fatto delle dichiarazioni spontanee in aula. «Non ho mai voluto far del male a mia figlia, non l'ho mai ammazzata, non ci ho mai pensato, non ho mai voluto farlo, non ho mai pensato che a Diana poteva succedere una cosa del genere, non è stata una cosa premeditata», ha affermato Pifferi, chiarendo la sua posizione di fronte alla corte poco prima della requisitoria del pm.

L'ergastolo del dolore

La donna è attualmente detenuta, accusata di aver lasciato morire di stenti la piccola Diana di 18 mesi, dopo averla abbandonata in casa da sola per sei giorni a luglio 2022. «Non sono né un'assassina né un mostro, sono una mamma che ha perso sua figlia e non ho mai pensato che potesse accadere una cosa del genere alla mia bambina», ha continuato Pifferi, aggiungendo di stare «già pagando il mio ergastolo avendo perso la mia bambina».

Le turbe psichiche

Nel corso dell'udienza, la difesa ha tentato di integrare la perizia psichiatrica esistente con nuovi documenti che avrebbero dimostrato pregresse gravi turbe psichiche e un grave deficit cognitivo di Pifferi fin dall'infanzia.

Tuttavia, la Corte d'Assise, presieduta da Ilio Mannucci Pacini, ha respinto questa richiesta, pur accettando di acquisire le nuove prove agli atti del processo. L'avvocato di Pifferi, Alessa Pontenani, ha sottolineato come la documentazione recuperata dimostri che Pifferi «era seguita già tra i 6 e gli 11 anni dai servizi di neuropsichiatria infantile territoriale» e aveva «una diagnosi funzionale di turbe psichiche e gravi ritardi cognitivi». Il pm Francesco De Tommasi ha sostenuto il rigetto della richiesta di integrazione della perizia psichiatrica, evidenziando che i problemi di apprendimento indicati non necessariamente implicano patologie gravi che possano influire sulla capacità di intendere e di volere al momento del fatto.


Ultimo aggiornamento: Venerdì 12 Aprile 2024, 13:24
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