Romina De Cesare uccisa a coltellate: ex fidanzato condannato a 24 anni di carcere. Riconosciuta l'aggravante degli atti persecutori

All'imputato riconosciute le attenuanti generiche per aver ammesso l'omicidio e perché era incensurato

Romina De Cesare uccisa a coltellate: ex fidanzato condannato a 24 anni di carcere. Riconosciuta l'aggravante degli atti persecutori

di Marina Mingarelli

Condannato a 24 anni di carcere Pietro Ialongo, il tecnico informatico di Cerro al Volturno di 40 anni, che ha ucciso con quattordici coltellate la sua ex fidanzata: Romina De Cesare, 36 anni. Il femminicidio è avvenuto la sera del 2 maggio del 2022 in via del Plebiscito, nel centro storico di Frosinone, dove i due continuavano a vivere insieme in attesa che lui si trovasse una nuova sistemazione dopo la fine del loro lungo rapporto sentimentale.

LA LETTURA DELLA LETTURA

Ieri l'ultimo atto del processo che si è svolto davanti alla Corte d'Assise del tribunale di Frosinone presieduta dal giudice Francesca Proietti, a latere Chiara Doglietto. In aula l'imputato, il padre e il fratello di Romina, e la famiglia di Ialongo.

La lettura della sentenza è arrivata intorno alle 15.30: 24 anni di carcere considerando le aggravanti degli atti persecutori, della relazione affettiva e del rapporto di convivenza. Ma all'imputato sono state concesse anche le attenuanti per l'atteggiamento collaborativo avuto dopo l'arresto così come era stato avanzato dal pubblico ministero Vittorio Misiti che aveva chiesto una condanna a 23 anni. La richiesta delle attenuanti è stata contestata dagli avvocati di parte civile Danilo Leva, Fiore Di Ciuccio e Maria Calabrese dell'associazione antiviolenza "Liberaluna" i quali hanno sempre sostenuto che Romina era vittima di atti persecutori e di stalking da parte di Pietro Ialongo. 

LA STALKING

Cinque giorni prima dell'omicidio, era il 27 aprile, Romina De Cesare aveva chiamato la Questura perché non ne poteva più dell'ex fidanzato. Poi aveva deciso di non dare seguito alla denuncia. Era esasperata e impaurita. Solo quel giorno Pietro Ialongo le aveva inviato 218 messaggi sul telefonino. E così andava avanti da tempo. Gli ultimi mesi di vita per la ragazza molisana erano stati un inferno, così come è stato ricostruito nel corso del processo. Ialongo, dopo aver appreso che la giovane stava frequentando un'altra persona, la tempestava di messaggi e chiamate. Addirittura, ha riferito una collega di lavoro in aula, l'uomo la svegliava nel cuore della notte per insultarla. Più volte Romina aveva esternato la sua paura di vivere ancora insieme a lui. Paure che aveva manifestato anche con la madre di Ialongo. I due si erano fidanzati quando erano ancora adolescenti. Il padre di Romina aveva visto crescere il ragazzo che poi avrebbe ucciso sua figlia.

L'AMORE FINITO

Romina e Pietro si erano trasferiti a Frosinone per provare a farsi una vita. Lei lavorava come barista, lui come con contratti saltuari come tecnico informatico nelle industrie farmaceutiche. La relazione però era giunta al capolinea, usurata dal tempo e da un feeling che non c'era più. Lei voleva voltare pagina, si stava vedendo con un altro ragazzo, ma continuava a vivere insieme all'ex fidanzato in un appartamento del centro storico in attesa che lui si trovasse una nuova sistemazione. Le liti erano frequenti. Lui non si lasciava occasione per prendersela con la fidanzata, per recriminare presunti torti. Ma in cuor suo sperava che Romina sarebbe tornata con lui. E più capiva che non sarebbe stato così e più diventava molesto e aggressivo. Per lui ormai era un'ossessione, che cercava di tenere a bada con gli ansiolitici. Già in passato aveva avuto problemi di depressione ed ansia.

L'ORRORE

La sera del delitto i due stavano discutendo per un'auto che avevano comprato insieme.

Lui voleva indietro i soldi, circa 1.700 euro. Ad un certo punto Ialongo ha cominciato a colpire la ragazza come una furia con un coltello. Lui era un appassionato di armi da taglio e quel coltello glielo aveva regalato Romina di ritorno da un viaggio a Parigi, città di origine della madre della ragazza morta prematuramente per un brutto male.

Pietro Ialongo, dopo aver consumato l'omicidio, è salito in auto. Prima si è diretto verso Ceccano dove, sulle sponde del fiume Sacco, ha provato a togliersi la vita, poi si è diretto a Sabaudia. Qui i carabinieri lo troveranno mentre vagava seminudo in stato confusionale all'altezza di Torre Paola. A Frosinone la polizia aveva fatto irruzione nell'appartamento: la ragazza era deceduta dopo una lunga agonia. Poi nella notte la confessione: «Sì l'ho uccisa, ma non volevo farlo, perché la amo». Sul corpo di Romina il medico legale conterà 14 coltellate. Quella fatale è stata inferta al cuore. Orrore, non amore.

LA DIFESA

Secondo i legali di Ialongo - Riccardo De Vizia e Vincenzo Mercolino - al momento dell'omicidio l'imputato ha agito d'impeto e sarebbe stato incapace in parte di intendere e di volere. Ipotesi però esclusa dalla Corte. Il 40enne è stato condannato anche ad un risarcimento danni che verrà quantificato in sede civile. Per il momento dovrà versare una provvisionale di 70 mila euro al fratello della vittima Antony e 60 mila euro al papà Mario.


Ultimo aggiornamento: Venerdì 22 Marzo 2024, 11:51
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