«Il mio fidanzato salvarebbe il nostro gatto e non uno sconosciuto, se stessero affogando entrambi: non rispetta la vita umana»

Quando si mette la vita del proprio cane o gatto a paragone con una vita umana, la questione può farsi complicata a livello etico, e dar vita a dibattiti e scontri accesi

«Il mio fidanzato salvarebbe il nostro gatto e non uno sconosciuto, se stessero affogando entrambi: non rispetta la vita umana»

di Hylia Rossi

L'amore che si prova nei confronti dei propri animali domestici è vero e profondo. Comunicare quell'affetto è spontaneo, naturale: non serve parlare la stessa lingua. D'altronde, il rapporto delle persone con i propri amici a quattro zampe è molto personale e ognuno ha i propri limiti: qualcuno li considera al pari di figli, altri mantengono una certa distanza, quella che reputano "sana", e lanciano sguardi di disapprovazione a chi li fa salire sul divano o, addirittura, sul letto.

Quando si tratta di mettere la vita del proprio cane o gatto a paragone con una vita umana, tuttavia, la questione può farsi complicata a livello etico, e dar vita a dibattiti e scontri accesi. Per esempio, la questione è venuta fuori in una conversazione tra una ragazza e il fidanzato in cui lui ha ammesso che, se il suo gatto e uno sconosciuto stessero affogando, salverebbe il primo. 

Da qui la domanda: «È moralmente sbagliato?»

La questione etica

Al New York Times è arrivata una domanda curiosa che pone una dibattuta questione etica sul valore della vita umana e non. Una lettrice, infatti, ha domandato al filosofo Kwame Anthony Appiah: «Io e il mio fidanzato stavamo parlando di proteggere la vita umana e lui ha detto che non crede che la vita umana valga necessariamente di più di altre. Per esempio, ha dichiarato che se uno dei nostri gatti stesse affogando accanto a una persona sconosciuta e potesse salvarne solo uno, sceglierebbe il gatto. È moralmente sbagliato?».

Per rispondere alla questione, il filosofo cita innanzitutto uno studio in cui si dimostra come per tante persone gli animali domestici siano in tutto e per tutto parte della famiglia: «È stato chiesto a centinaia di persone di immagine cosa avrebbero fatto se il loro animale avesse corso di fronte a un autobus nello stesso momento di un turista.

Possono salvarne solo uno, l'altro morirà. Ciò che lo psicologo Richard Topolski e i suoi colleghi hanno scoperto è che circa il 40% avrebbe scelto il proprio animale».

Poi, si cerca di complicare ancora di più il dilemma: «E se la scelta fosse tra l'animale e uno sconosciuto proveniente dalla stessa città? I numeri sono calati di pochi punti percentuale. Un cugino distante? Un quarto delle persone mette ancora l'animale al primo posto. Non un animale qualsiasi però, ma il proprio». Il filosofo chiarisce che non si tratta di un grave difetto, di una mancanza, ma è un atteggiamento che deriva dal senso di responsabilità e di cura nei confronti del proprio compagno a quattro zampe: «Scegliere il proprio animale domestico è, si potrebbe dire, un fatto molto umano».

«Ma sì - continua Kwame Anthony Appiah -, è davvero sbagliato (e in alcuni casi anche illegale). Quegli sconosciuti avevano vite ricche di emozioni, progetti a lungo e breve termine, grandi e piccoli. Probabilmente erano parte dei progetti di altre persone, delle loro emozioni. Avevano amici, colleghi, parenti, dipendenti, forse uno sposo o un compagno. La loro morte avrà un grande effetto e si propagherà come i cerchi nell'acqua». Rispondere a un questionario, tuttavia, non è come trovarsi effettivamente in quella situazione. 

In conclusione, «non sto dicendo che il tuo fidanzato ha sbagliato, o è marcio. La domanda più importante, per te, è la seguente: se dovesse scegliere tra te e uno dei gatti, dovrebbe davvero pensarci su?».


Ultimo aggiornamento: Giovedì 18 Aprile 2024, 12:41
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